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patto di non concorrenza

Crediti di lavoro esigibili fino 5 anni dopo la cessazione del rapporto.

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La causa per il recupero di “crediti di lavoro” (buste paga, tfr, ecc..) potrà arrivare per i crediti maturati a far data da luglio 2007 in poi, i quali  saranno reclamabili entro 5 anni dalla cessazione del rapporto lavorativo, in quanto la prescrizione quinquennale dei “crediti di lavoro” inizia a decorrere solo dopo l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro.

 

Lo ha precisato la Cassazione con la sentenza n.ro 26246/2022, modificando in maniera favorevole al lavoratore il precedente orientamento secondo cui per poter individuare il giorno dal quale fare iniziare a decorrere il termine di prescrizione fosse necessaria e imprescindibile una valutazione caso per caso, volta ad accertare la sussistenza di una effettiva c.d. “tutela reale” a favore del lavoratore (ovvero con diritto del lavoratore alla reintegrazione nel rapporto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo), quanto di un concreto timore del licenziamento strettamente connesso alla instabilità del rapporto di lavoro.

 

Ai sensi dell’art. 2948 del Codice Civile, le somme non erogate dal datore di lavoro al lavoratore, con periodicità annuale o infrannuale (buste paga, straordinari, ecc..) e le indennità per cessazione del rapporto di lavoro (Tfr) si prescrivono in 5 anni.

 

Il termine di 5 anni, ai sensi dell’art. 2935 del Codice civile, decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (quindi, solo teoricamente da quando matura ed è esigibile il credito).

 

Tuttavia, la Cassazione ritiene oggi che la decorrenza del termine non possa più operare in costanza di rapporto.

 

Ciò in quanto la Legge Fornero (prima) e la riforma Jobs Art (poi), hanno comportato che la “tutela reintegratoria” a favore del lavoratore abbia ormai un carattere meramente residuale, tale da ingenerare inevitabilmente timore nel dipendente riguardo al datore di lavoro per la sorte del suo posto di lavoro laddove intendesse far valere un proprio credito nel corso del rapporto (timore che lo potrebbe ragionevolmente portare a non avanzare pretese retributive nel corso del rapporto paventando reazioni del datore di lavoro che comportino la risoluzione del rapporto).

 

Per effetto del nuovo orientamento giurisprudenziale, le imprese si troveranno oggi esposte alle vertenze del personale per i 5 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro e per tutti i diritti che non risultassero già estinti all’entrata in vigore della legge Fornero 92/2012 (allorquando è di fatto cessata la “tutela reale” a favore del lavoratore).

 

In altre parole, qualunque datore di lavoro è oggi esposto a potenziali controversie per crediti dei lavoratori a far data da luglio 2007 (ovvero, fino 5 anni prima dell’entrata in vigore della Legge Fornero) che saranno reclamabili fino 5 anni dopo la cessazione del rapporto.

 

Si deve segnalare, tuttavia, la sentenza del Tribunale di Bari n. 2179/2023 che, disattendendo, il nuovo indirizzo sopra esposto della Corte di Cassazione, si è espresso a proposito del termine di prescrizione dei crediti retributivi affermando che i rapporti di lavoro che ricadono sotto l’egida della Legge Fornero siano dotati di stabilità tale da ritenere che il termine prescrittivo debba decorrere dal momento in cui i crediti sono sorti e non dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, ritenendoli, nel caso di specie, prescritti.

 

 

©opyright Studio Legale Albini & Partners

 

 

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AUTORE - Marcello Albini